L'intelligenza artificiale, la robotica e la stampa 3D permettono oggi di raggiungere la compensazione degli investimenti iniziali in tempi molto più brevi. Oltremodo, per quanto riguarda l'automotive, le case automobilistiche favoriscono tra di loro la condivisione di molte parti dei loro modelli, se non intere piattaforme, aumentandone ulteriormente i vantaggi in ordine di scala. Condizioni ideali per trasformare un oggetto di massa in un oggetto d'elite. E i conti tornano dal momento in cui costruire meno auto, con ricavi decisamente più alti, conviene di più che costruirne molte con ricavi risicati all'osso. E in un mondo sempre più geopolitico non poteva che affacciarsi la sua declinazione "geoconsumistica" dove il valore aggiunto non è più l'identità storica dell'industria, ma esclusivamente quella logotipica; l'enfasi e la spettacolarizzazione del marchio di fabbrica, stemma o baluardo di un modo di apparire più che di essere. A questo punto le strategie commerciali, e di conseguenza quelle finanziarie, sono libere di decidere da dove ricavarne il profitto maggiore: se da una massa sempre più impoverita o da un'elite sempre più ricca. Secondo la matematica del mondo di oggi conviene di gran lunga puntare sulla seconda per molteplici motivi, tra i quali un post-vendita meno impattante; ad esempio nei richiami. Basti ricordare quanto costò il "dieselgate" al gruppo volkswagen. Inoltre l'industria non ha niente a che fare con le ideologie dei diritti umani, né con l'etica e tantomeno con la morale. L'"auto del popolo" aveva ragion d'essere quando questo modello industriale faceva grandi numeri, quando le automobili erano costituite da molte meno componenti, ma soprattutto quando i beni di consumo si acquistavano in contanti e non a rate. Le nuove generazioni vivono all'interno di una bolla temporale chiusa, schiacciata tra un passato sempre più ininfluente e un futuro sempre più incerto, e dove l'accessibilità alla finanza è delegata quasi esclusivamente al debito. Ragion per cui non ha più senso costruire automobili iconiche frutto di un lungo percorso storico ed estetico, ma automobili che si esprimono quasi esclusivamente nel proprio presente. E questo genera sicuramente il disorientamento di chi ancora non ha ben compreso che il nostro mondo sta subendo una radicale trasformazione geopolitica oltre che tecnologica. Il concetto di "fordismo" dove l'automobile avrebbe cambiato la vita a intere società, o quello di Volkswagen che addirittura ne evocava il significato all'interno dello stesso binomio del marchio di fabbrica, o quello delle super utilitarie italiane che nel boom economico avevano reso accessibile l'automobile a tutti, ebbene questo concetto non era di proprietà del popolo, ma del capitalismo. Nulla da rivendicare quindi, al popolo non spetta nessun diritto nella scelta del proprio modo di spostarsi. L'automobile è un bene di lusso perché sostituibile con altre forme di mobilità più accessibile e soprattutto meno impattanti. Probabilmente se eravamo più saggi avremo evitato di indebitarci fino al collo dando libero sfogo a modelli finanziari al limite della ritorsione. Se prima di acquistare l'automobile avessimo messo da parte l'intero suo valore, come facevano i nostri padri o inoltri nonni, oggi le automobili costerebbero meno e sarebbero alla portata di tutti. Quello che ci impoverisce maggiormente non è la mancanza di denaro, ma la mancanza di percezione del tempo. Bill Gates ha ragione: non è ricco chi ha molto denaro, ma chi ha un progetto per produrlo. © RIPRODUZIONE RISERVATA VERSIONE EDITORIALE
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Foto in alto: Bartosz Kramek fotografa Lyudmila Kozlovska ad un convegno. (Stefano Mitrione Media credits)
AutoreStefano Mitrione Media 291 articoli disponibiliArchivi recenti
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