Technostress, nomo-fobia e sindrome dell’Hikikomori, da una parte; digital illiteracy o più comunemente analfabetismo digitale, dall'altra... Quello cui viene fatto riferimento lo potremo comprimere in un'unica manifestazione sociale del nostro tempo: la disuguaglianza digitale. Un gap (salto) culturale non solo intergenerazionale, ma anche geopolitico e di genere, dove in certe culture sono ancora le donne a pagarne il prezzo. Il principale responsabile di questa nuova realtà è un'accelerazione tecnologica che non lascia spazio a titubanze ed incertezze nei confronti del progresso. Col rischio, però, che si ingeneri una diffidenza verso il futuro, incrementata dagli eventi ultra-medializzati di una crisi globale sempre più incisiva. Quello che possiamo fare è rallentare, staccare la spina quando possibile, prendere più spazio per sé stessi e per le relazioni familiari, percepire il futuro semplicemente come una costante evolutiva della nostra esistenza (di specie), in una proiezione temporale a cui non ci è permesso il controllo, ma una richiesta di fiducia e speranza... Creato questo nuovo presupposto intellettivo, è possibile dedicarsi ad un nuovo approccio formativo al fine di incentivare le abilità all'accesso ai nuovi flussi dell'informazione e all'utilizzo di applicazioni e device sempre più competitivi e complessi. Vittorio Veneto ha intrapreso diverse strade a tal proposito, dimostrandosi una comunità inaspettatamente consapevole del proprio tempo e delle proprie relazioni. Pioniere in città è stata la start up FabLab, una realtà già consolidata nel territorio che fa parte di una rete internazionale e si propone come luogo dove individui e imprese hanno accesso ad attrezzature, processi e persone in grado di trasformare idee in prototipi e prodotti. Più recentemente, sempre a Vittorio Veneto, è nato anche il format didattico U-2050, all'interno dell'Università per la formazione continua UniPinto di Ceneda, che si offre come spin-off di un contesto didattico, iniziato nel 2018, ed il cui obiettivo è quello di mitigare il "digital divide intergenerazionale" (divario digitale tra generazioni, ndr) attraverso un'interpretazione creativa e filosofica delle nuove forme di comunicazione digitale.
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Foto in alto: Bartosz Kramek fotografa Lyudmila Kozlovska ad un convegno. (Stefano Mitrione Media credits)
AutoreStefano Mitrione Media 291 articoli disponibiliArchivi recenti
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